Alla vigilia di Natale l'Etna torna a farsi sentire: è in eruzione: improvvisa esplosione dal cratere principale del vulcano a 3300 metri di quota. L'esplosione segue l'attività stromboliana del Nuovo Cratere di Sud Est e la nascita di una nuova frattura eruttiva. L'attività è caratterizzata da esplosioni nonché da emissioni di cenere lavica.
I sensori dell’Istituto di Geofisica e Vulcanologia di Catania hanno registrato da giorno 24 uno
sciame sismico con più di 750 scosse, la più forte delle quali ha raggiunto magnitudo 4.8. L’attività del vulcano è monitorata minuto per minuto dagli esperti dell’Ingv.
L’attività sismica è stata accompagnata da un graduale incremento del degassamento dall’area craterica sommitale, inizialmente con sporadiche emissioni di cenere emesse dalla Bocca Nuova e dal Cratere di Nord-Est, che sono culminate
alle ore 12.00 circa del 24 dicembre 2018 in un denso e continuo pennacchio di cenere scura. Dopo circa cinque minuti è iniziata un'intensa attività stromboliana localizzata alla base meridionale del Nuovo Cratere di Sud-Est, scaturita da una nuova fessura eruttiva. Contemporaneamente l'attività stromboliana è ulteriormente incrementata anche alla Bocca Nuova e al Cratere di Nord-Est.
La fessura eruttiva apertasi sul fianco meridionale del nuovo cratere di Sud-est continua la sua intensa attività stromboliana, generando anche una colata lavica che si propaga lungo la parete occidentale della Valle del bove. I fenomeni eruttivi sono accompagnati da un incremento significativo del tremore vulcanico. Una nuvola di cenere, nel frattempo, si allunga in cielo: la pioggia di polvere vulcanica è già arrivata ai Comuni dell’area ionica ed pedemontana dell’area Etnea.
La nuova fessura eruttiva si è estesa dalla base sud‐orientale del Nuovo Cratere di Sud‐Est alla parete occidentale della Valle del Bove,
raggiungendo una quota minima di circa 2400 metri sul livello del mare. Una seconda, piccola fessura eruttiva si è aperta poco più a nord, a circa 3000 metri di quota, tra il Nuovo Cratere di Sud‐Est e il Cratere di Nord‐Est, ed ha prodotto quasi esclusivamente una debole attività stromboliana durata poche decine di minuti. Contestualmente, anche il Cratere di Nord‐Est e la Bocca Nuova hanno prodotto una continua attività stromboliana di intensità variabile. Nel complesso, la nube di cenere generata dall’insieme delle bocche eruttive ha prodotto un pennacchio di cenere scura molto consistente, spinto dal vento nel quadrante sud‐orientale del vulcano.”
“Nel corso della sua propagazione, la fessura eruttiva apertasi in Valle del Bove ha alimentato alcune colate di lava che hanno attraversato interamente la parete occidentale della valle stessa, raggiungendone il fondo ed attestandosi, verso le ore 18 del 24 dicembre, a quote variabili tra 1650 e 1800 metri circa.”
Nelle prime ore del 25 dicembre l’eruzione è ancora in corso. Una colata di lava continua a riversarsi nella Valle del Bove, alimentata dalla frattura eruttiva la cui bocca più bassa si trova a circa 2400 m di quota, lungo la parete occidentale della valle stessa. I Crateri Sommitali, ed in particolare la Bocca Nuova e il Cratere di Nord-Est, producono una continua attività stromboliana che alimenta un pennacchio gassoso ricco di cenere vulcanica. Continua anche lo sciame sismico che accompagna l’eruzione; da ieri mattina, in circa ventiquattro ore, sono avvenute oltre settecentocinquanta scosse sismiche registrate dalla rete sismica dell’INGV Osservatorio Etneo.
Il maggiore evento Sismico avvenuto alle ore 03:19 del 26 dicembre 2018 di magnitudo ML 4.8 (Mw 4.9) si colloca nell’area etnea, a circa 2 km a N di Viagrande (CT) e Trecastagni (CT), “leggermente a Sud Est rispetto alle scosse che si sono verificate nei giorni precendenti sull’Etna. Il terremoto è a 5-6 km dalla costa ed è superficiale con una profondità stimata intorno a 1.2 Km.
La criticità non è ancora cessata e «Non si può escludere un’apertura di bocche a quote minori da dove si sono aperte adesso, in particolare modo nella zona di Piano del Vescovo a sud della Valle del Bove. Se ci riuscirà, non lo sappiamo. Stiamo potenziando i sistemi di rilevamento sismici e Gps della deformazione del suolo in quella zona». Lo ha affermato il direttore dell’Ingv di Catania, Eugenio Privitera, sul terremoto di magnitudo 4.8 della notte scorsa sull'Etna. «La forte sismicità - ha aggiunto - non ci lascia tranquilli. Vediamo come evolverà. Il terremoto è un evento singolo. La situazione ricorda quella dell’ottobre del 1984 che provocò un morto a Zafferana Etnea: è sempre la faglia di Fiandaca, che quando si muove è pericolosa».
Giorno 26 in un comunicato dell'Ingv si evidenzia che sulla base delle attuali manifestazioni dell'attività eruttiva, sono esclusi, al momento, problemi alle popolazioni ed alle principali infrastrutture: infatti, l'effusione lavica prodotta si riversa dalla base del Nuovo Cratere di Sud-Est entro l'ambiente desertico dell'ampia Valle del Bove.
Tuttavia, sebbene le evidenze vulcanologiche più superficiali indichino una diminuzione dell'attività eruttiva generale, le informazioni desunte dai segnali geofisici non permettono di escludere una possibile alimentazione, tuttora in corso, del dicco che si è intruso.
Sulla base della distribuzione della sismicità attuale, tale dicco potrebbe interessare un settore diverso dall'attuale teatro eruttivo, con l'apertura di nuove fratture eruttive a quote più basse di 2400 metri, in coincidenza della parete occidentale ed in quella meridionale della Valle del Bove.