Lo studio, dal titolo
"Present-day surface deformation of Sicily derived from Sentinel-1 InSAR time-series", pubblicato sul Journal of Geophysical Research-Solid Earth, è frutto del risultato di una
collaborazione internazionale italo-francese, ha visto coinvolti i ricercatori del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche ed Ambientali dell'Università di Catania, oltre che l'Aix-Marseille Université e il Cnrs Umr-5243 dell'Università di Montpellier.
Grazie a sofisticate elaborazioni eseguite su una serie di
immagini satellitari catturate dal satellite Sentinel-1, è stata creata la prima mappa a scala regionale dei
processi tettonici attivi in Sicilia.
Attraverso l'utilizzo di tecniche proprie del telerilevamento per mettere a raffronto immagini satellitari della stessa area, ma acquisite in epoche diverse, in questo caso tra il 2015 e il 2020, ed è il risultato di una misura differenziale tra la distanza satellite-suolo misurata nel 2015 e quella misurata nel 2020 e
mostra con colori differenti dove e di quanto si è mosso il suolo siciliano negli ultimi 5 anni.
Lo studio ha
confermato il continuo movimento dell'Etna, in particolare il suo fianco Est scivola verso mare con velocità significative (fino a oltre 5 cm l'anno), ma si estende su un'area più ampia di quanto fino ad adesso conosciuto, e scivolando verso mare, la parte orientale del vulcano si frammenta in una serie di blocchi delimitati da faglie attive, tra cui la faglia di Fiandaca, da cui si è originato il terremoto del 26 dicembre 2018, l'area a Nord-Ovest di Catania si solleva invece ad una velocità superiore ai 5 mm l'anno.
Secondo la ricerca, la parte nord-orientale della Sicilia (Nebrodi-Peloritani) si solleva ad una velocità media di 1-2 mm l'anno e si muove verso Est, allentandosi dal resto dell'Isola ad una velocità di circa 3 mm l'anno.
I dati satellitari hanno anche evidenziato come il settore costiero siracusano si stia invece abbassando rispetto all'area ragusana, ad una velocità di circa 2 mm l'anno. Movimenti significativi del suolo sono stati anche registrati in Sicilia occidentale in corrispondenza della Valle del Belice.
Lo studio dimostra come l'utilizzo di moderni strumenti di investigazione, quali i satelliti, possa fornire preziose informazioni sul movimento delle faglie e
comprendere dunque meglio la loro futura propensione a scatenare terremoti di elevata energia, con notevoli implicazioni sulla pericolosità sismica dell'Isola.