Il sentiero Natura di
Monte Zoccolaro, nel versante sud-est dell'Etna, risulta essere sicuramente il tragitto
più breve e relativamente semplice, per ammirare in tutto il suo splendore la
Valle del Bove, rispetto agli altri sentieri che si affacciano sul versante sud della Valle, insieme al sentiero Schiena dell'Asino e al sentiero Acqua Rocca degli Zappini.
Un percorso
naturalistico ricco, di poco più di due chilometri, praticabile esclusivamente a piedi, che a tratti si avvicina molto allo strapiombo della parete meridionale della valle di Bove, che in alcuni punti raggiunge i mille metri di dislivello, per questo motivo e vivamente
sconsigliato abbondonare il tracciato del sentiero, infatti il percorso è stato riqualificato e fine estate 2020 dall'Associazione
Federescursionismo Sicilia, modificando il tracciato originale e con nuove segnaletiche, visto che alcuni tratti sono stati interessati da delle violente frane, costringendo il comune di Zafferana Etnea a chiudere con un ordinanza il sentiero.
Ad inizio percorso, dal
Belvedere si puó ammirare la
Val Calanna, la parte sottostante continuo della Valle del Bove, un tempo rigoglioso frutteto, dopo interamente coperta dalle lave dell'eruzione del 1991-'93, la più lunga del secolo scorso con i suoi 417 giorni di durata e i suoi 300 milioni di metri cubi di lava emessi, fu pure l'ultima grande eruzione del 900.
Il percorso dopo un breve tratto di strada sterrata, seguendo le indicazioni, è stato ricavato su una traccia che gli abitanti di Zafferana utilizzavano per raggiungere la vetta del monte, un
viottolo caratteristico, inizialmente in costante salita, dove é possibile osservare diverse forme di vegetazione, dai pioppi ai faggi, dalle ginestre alla rosa canina.
Lungo il sentiero è possibile contemplare lo storico
Faggio di Monte Pomiciaro, individuo policormico, costituito da una grande ceppaia a forma di zampa di elefante, sormontata da sette fusti, in parte saldati tra loro alla base, che progressivamente si allargano dando luogo ad un'ampia chioma, dell'eta stimata di circa
180 anni.
Proseguendo il cammino, inizia a svelarsi la
Valle del Bove che si apprezza in tutta la sua cruda bellezza, con a portata di sguardo l'intera riviera jonica dalla baia di Giardini Naxos a Taormina, con la Calabria in bella evidenza, per raggiungere la vetta di Monte Zoccolaro si affronta l'ultimo tratto in ripida ascesa, dove l'ultima fatica è ben ricompensata dal panorama che si ammira per intero, si scorgono i
crateri sommitali fra i quali spicca il Sud-Est, il più turbolento degli ultimi anni, formato dal vecchio cono di Sud-Est(SEC) a monte e dal nuovo Cratere di Sud-Est(NCSE), più alto del primo dopo l'eruzione dell'agosto 2014, la parete mostra le
lingue nere di lava solidificata che scendono verso il fondovalle, nate delle eruzioni del secondo decennio del 2000, le ultime del 2018, con il costone meridionale della valle, caratterizzato dalla Schiena dell'Asino e, più vicina, dalla Serra del Salifizio, sopra si distinguono la Montagnola e Monte Escrivà e nel fondovalle i Monti Centenari ed alcuni coni avventizi.
Sulla vetta del
Monte Zoccolaro, sono posti una croce ed un altare, installati il 14 settembre 1948, giorno dell'Esaltazione della Croce, da un sacerdote zafferanese insieme ad un gruppo di giovani che trasportò sulla cima una croce in ferro mediante un camion fin dove era possibile, e poi a piedi lungo il sentiero, la croce è stata ricollocata nel 1978 su iniziativa dell'allora sci club "Valle del Bove" di Zafferara.
La
Valle del Bove nel 1930 presentava un paesaggio assolutamente diverso da quello odierno, al tempo non era interessata da eruzioni da oltre 70 anni e la sua superficie, sia pur costituita esclusivamente da colate laviche sovrapposte, era ammorbidita dal tempo e costellata da ampi spazi erbosi, che nella stagione invernale quando erano innevate, diventavano delle belle piste da sci, un fenomeno sportivo in ascesa a quell'epoca, e nel periodo estivo veniva sovente frequentata da comitive di escursionisti e alpinisti, tanta attività portò la sezione CAI di Catania all'idea di realizzarvi un rifugio, che fu ultimato in cinque mesi e mezzo, fu inaugurato il 3 dicembre 1933 e dedicato al giovane alpinista Gino Menza, morto per caduta precipitando sul fondo della Valle del Bove assieme ai compagni Filippo Perciabosco e Umberto Sapienza, mentre, in cordata, arrampicavano lungo un canalone ghiacciato della Serra del Salifizio all'interno della Valle, il CAI di Catania tenne agibile il rifugio fino al 1975, successivamente cominciò ad andare in rovina e la Sezione non ebbe le risorse finanziarie ne aiuti per provvedervi, nel mese di giugno 1992, durante le operazioni della Protezione Civile intese a ritardare gli effetti dell'eruzione, la creazione di un canale d'invito artificiale a sud di quello naturale, provocò l'invasione da parte del magma di tutto il bordo meridionale della Valle del Bove e il rifugio fu sommerso da oltre 30 metri di lava.
Il
ritorno al punto di partenza, dallo stesso tracciato, adesso in discesa, fa apprezzare maggiormente ciò che non si è potuto ammirare lungo la faticosa salita.